A proposito di Human Technopole…

Il Senatore  Walter Tocci, che è  stato ospite del circolo nel mese di marzo e di cui abbiamo videoregistrato e pubblicato nel sito l’intervista («Una primavera che non arriva»: dibattito-intervista con Walter Tocci) ci segnala uno stralcio del proprio saggio La rete e il castello sui temi della ricerca, l’odg su Human technopole, da lui presentato in Senato con la Senatrice Cattaneo, e l’intervento del Senatore a vita Giorgio Napolitano sul modo con cui si sviluppa il progetto Human Technopole.

La rete e il castello, parte I – La libertà della ricerca

Di seguito la prima parte di La rete e il castello, mio saggio in tre puntate sullo stato attuale di università e ricerca in Italia, tra tagli ai finanziamenti e imposizioni dall’alto. La prima parte si concentra sulle difficoltà della ricerca. La seconda e terza parte verranno pubblicate nei prossimi giorni.

La ricerca libera è indebolita in Italia. Le risorse sono assegnate dal principe ai conti e ai vassalli che le distribuiscono ai sudditi. il castello si erge sopra la rete scientifica.
Le cifre parlano chiaro. Il finanziamento in corso dei bandi di ricerca per tutti gli atenei e per l’insieme delle discipline accademiche è ridotto a 30 milioni di euro l’anno. Ma non si dica più che il debito non consente di fare meglio, perché i soldi ci sono quando si tratta di evitare i bandi. Sei volte tanto, oltre 180 milioni di euro (100 ordinari e 80 per il progetto Human Technopole) sono assegnati a un solo ente, la Fondazione IIT, che poi distribuisce finanziamenti agli atenei e ottiene in cambio la firma sulle pubblicazioni scientifiche, migliorando immeritatamente il suo ranking. I rettori hanno smesso di denunciare i privilegi della Fondazione da quando hanno ricevuto le commesse di ricerca. D’altro canto, università ed enti sono costretti ad andare col cappello in mano perché indeboliti dai tagli, dai vincoli del turn over e dall’alluvione burocratica che soffoca le energie vitali. Invece, l’IIT ha potuto assumere senza limiti, derogare alle procedure pubbliche e tenere in banca circa 400 milioni di euro che non riesce ancora a spendere. Gli “economisti di palazzo” cantano le lodi di questa curiosa competizione tra un giocatore legato e l’altro dopato, sentenziando che il pubblico non funziona ed è meglio affidare tutta la ricerca alla Fondazione. È un’operazione ideologica e di potere. Si va imponendo un sistema di regolazione della ricerca mai visto prima in Italia. Vale la pena allora studiarne meglio i caratteri.

A istituire l’IIT per legge fu Tremonti nel 2003. Quando tornò al potere nel 2008 fece molto di più affidando al direttore del Ministero dell’Economia – che era anche presidente della Fondazione in pieno conflitto di interessi – un finanziamento für ewig senza limiti di tempo, una prerogativa che non è mai toccata in sorte a nessun altro ente italiano. Aggiunse poi la regalia economica e simbolica di ciò che resta del patrimonio dell’IRI dopo le privatizzazioni. Viene spontaneo un confronto tra le due fasi storiche: l’IIT ha preso dell’IRI tutti i vizi e nessuna virtù. Ha rilanciato i vecchi vizi dei boiardi di Stato che si dichiaravano soggetti pubblici quando ricevevano commesse senza gare, ma si comportavano da privati quando erogavano finanziamenti in cambio del consenso. Non ha rinnovato invece la virtù che fu dell’IRI nella promozione dell’impresa hi-tech. Nonostante fosse proprio questo l’obiettivo definito nella legge istitutiva n. 326 del 2003 all’articolo 4: “promuovere lo sviluppo tecnologico del Paese, favorendo così lo sviluppo del sistema produttivo nazionale”. Si è già speso oltre un miliardo di euro per la ricerca nella robotica umanoide, un settore propenso alle applicazioni imprenditoriali, ma non è nata nessuna filiera produttiva capace di utilizzare i risultati scientifici. Eppure la gestione della Fondazione è stata delegata a esponenti del salotto della finanza e dell’impresa. Seguendo la peggiore tradizione italiana, questi imprenditori si pavoneggiano con i soldi pubblici senza rischiare in proprio.

Il clamoroso insuccesso viene premiato con l’affidamento del progetto Human Technopole finanziato con 80 milioni iniziali, ma si prevede di arrivare a un miliardo e mezzo. Viene giustificato come una decisione top-down, ma non c’è alcuna ragione per non sottoporla a un confronto trasparente seguendo l’esempio delle migliori esperienze internazionali. Non c’è alcuna giustificazione scientifica nell’assegnazione in esclusiva per legge a un solo soggetto. Tanto meno nel caso dell’IIT che, svolgendo attività di ricerca in proprio, non ha l’indipendenza necessaria per erogare finanziamenti ad altri. Non può essere contemporaneamente un laboratorio e un’agenzia. Non può essere giocatore e arbitro.

Proprio con questo argomento, alla fine degli anni Novanta, si tolse al Cnr il potere di assegnare i finanziamenti ad altri soggetti, perché già faceva ricerca nei suoi istituti. Allora si riteneva sbagliata la commistione di ruoli e al fine di superarla vennero istituiti i bandi Prin, Firb e altri con metodologie trasparenti e innovative, che ebbero il plauso internazionale sulla rivista Nature. Il relativo finanziamento aumentò negli anni successivi fino a superare con il fondo FIRST dell’ultima finanziaria di Prodi la cifra di 300 milioni, vicina a quella assegnata oggi senza competizione. Poi Tremonti cancellò quello stanziamento e potenziò l’IIT, iniziando un nuovo ciclo basato sul controllo politico della ricerca e sulla mortificazione dei bandi.

Il fondo Prin per l’università è stato tagliato pesantemente, non ha mantenuto la cadenza annuale ed è stato ingabbiato dalle regole burocratiche del ministro Profumo, oggi un po’ allentate.
È quasi scomparso il fondo Firb che finanziava negli Enti i progetti dei ricercatori. Per ottenere le risorse essi devono sperare solo nelle trattative tra i presidenti degli Enti e i funzionari ministeriali che gestiscono le procedure di finanziamento chiamate ipocritamente “premiali” ma di fatto discrezionali. Le decisioni si spostano dai laboratori ai palazzi.

Per consolidare questo sistema di potere i governi hanno sempre impedito la costituzione di una moderna Agenzia della ricerca, nonostante le proposte venute dalla comunità scientifica e gli indirizzi approvati dal Parlamento. Essa consentirebbe un libero confronto di idee e di progetti entro una ben definita politica nazionale ed europea. Avrebbe il compito di diffondere i bandi per i progetti, di eliminare i conflitti di interesse e di coinvolgere le migliori risorse nell’attuazione degli obiettivi strategici. La libertà della ricerca non è un ostacolo, anzi è l’unica via per realizzare grandi imprese scientifiche e tecnologiche.

Dopo un lungo ciclo siamo tornati al punto di partenza, ma con minore libertà della scienza. Come si è detto, la sovrapposizione di ruoli tra agenzia e laboratorio fu eliminata in un ente come il CNR – che comunque garantiva l’interesse pubblico – ma viene oggi ricostituita in capo a una fondazione gestita dal salotto finanziario, senza trasparenza nelle procedure di assegnazione e senza garanzie per la comunità scientifica. È paradossale che nelle sue prime dichiarazioni il neo presidente del CNR accetti questo sistema e si limiti a chiedere la sua parte – “Ci sarà una cabina di regia e noi parteciperemo” dichiara al Corriere della Sera dell’8 marzo 2016 – con una sudditanza che non sarebbe neppure immaginabile nel Max Planck tedesco o nel CNRS francese. C’è da augurarsi che il CNR ritrovi in futuro l’orgoglio della principale istituzione della ricerca italiana.

Intendiamoci bene, tutte le iniziative di cui si parla sono di ottimo livello scientifico: Human Technopole è certamente un progetto di grande interesse nazionale; l’IIT è un ambiente brillante per merito soprattutto dei suoi giovani scienziati e potrà mostrarlo meglio se verrà sgravato dall’improprio compito di agenzia; i professori Inguscio e Cingolani sono scienziati di valore internazionale. Eppure, il primo pronuncia una frase infelice sull’etica della ricerca e il secondo offre un finanziamento al gruppo di ricerca di Elena Cattaneo, un maldestro tentativo di condizionamento che forse è riuscito con altri ma non può funzionare con lo spirito libero della senatrice.

Sono due episodi diversi e purtroppo non isolati, poiché rivelano una tendenza più generale dell’uomo solo al comando ormai dilagante anche nel campo della conoscenza. Qui più che altrove, però, il merito scientifico dovrebbe limitare gli eccessi dell’autorità. Il potente Larry Summers, ex-ministro del Tesoro, fu costretto a lasciare il rettorato ad Harvard per una dichiarazione non politically correct.

Per tanto tempo in Italia sono state mortificate le competenze negli incarichi pubblici. Oggi si rischia l’eccesso opposto, ritenendo che basti un buon curriculum per giustificare una delega assoluta nelle decisioni.
L’ideologia corrente costringe il merito a sposarsi con il potere celebrando le nozze con la parola merito-crazia. Fu inventata da Michael Young per segnalare il pericolo orwelliano di un potere che risponde solo a se stesso facendosi scudo del merito. L’ironia critica è andata perduta nel successo mediatico del neologismo. Però, la scienza cammina spedita solo sulle proprie gambe, quando non è costretta ad inchinarsi all’arbitrio politico. Se potesse seguire la sua natura il merito divorzierebbe dal potere e si accompagnerebbe con la libertà.

Ho ripreso una parte di questi argomenti nell’intervento in Senato nella seduta di mercoledi 11 maggio 2016, in piena sintonia con i discorsi del presidente Napolitano e della senatrice Cattaneo.

Ordine del Giorno n. G2.1 al DDL n. 2299

G2.1

CATTANEO, TOCCI, BOCCHINO, PETRAGLIA, MINEO, GOTOR, MUCCHETTI, CORSINI

Precluso

Il Senato,

in sede d’esame del disegno di legge n. 2299, recante «Conversione in legge del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, recante disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca»,

Premesso e considerato che

– il decreto-legge n. 42 del 2016 ha ad oggetto disposizioni volte al miglioramento del funzionamento del sistema scolastico e della ricerca;

– in merito alla ricerca all’articolo 2, introduce una disciplina per la stabilizzazione e il riconoscimento della Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Istitute (GSSI), alla cui copertura finanziaria provvede attingendo con fondi ordinari, privando altri enti di parte delle risorse;

– in altra occasione e con ben altri ordini di grandezza il Governo ha reperito risorse ad hoc senza attingere al fondo ordinario, in particolare con il decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185 – Misure urgenti per interventi nel territorio, convertito nella legge n. 9 del 22 gennaio 2016, prevedendo all’articolo 5 – Iniziative per la valorizzazione dell’area utilizzata per l’Expo, l’attribuzione all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) «un primo contributo dell’importo di 80 milioni di euro per l’anno 2015 per la realizzazione di un progetto scientifico e di ricerca, sentiti gli enti territoriali e le principali istituzioni scientifiche interessate» che IIT elabori «un progetto esecutivo che è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze»;

– tale modo di procedere da parte del Governo sfugge ad ogni logica di programmazione e funzionalità del «sistema ricerca Italia» che invece dovrebbe evitare e, nel caso, impedire scelte improvvisate quali quelle descritte;

– nel corso dei lavori in Commissione con l’emendamento 2.11 Bocchino ed altri si è discusso dell’opportunità di rivedere il meccanismo di realizzazione dello Human Technopole, di cui al decreto-legge n. 185 del 2015, privilegiando un bando nazionale e non una decisione top down e prevedendosi ad esempio che con decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze si emanasse un bando per la progettazione e la realizzazione di un’iniziativa nazionale di ricerca scientifica e tecnologica da attuarsi anche utilizzando parte delle aree in uso a EXPO S.p.a. ove necessario previo loro adattamento, cui potessero partecipare liberamente università ed enti pubblici di ricerca nazionali interessati;

– ad oggi la scelta discrezionale del Governo dell’ente IIT cui demandare la realizzazione di un progetto scientifico di ricerca con contestuale erogazione diretta di 80 milioni di euro benché oggetto di forti critiche da parte della comunità scientifica puntualmente ripresi da atti parlamentari di sindacato ispettivo e d’indirizzo mai riscontrati dal Governo né esaminati in Parlamento, sembra non essere in discussione;

– con comunicato del 22 marzo i Ministri dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini e il Ministro dell’Agricoltura con delega a Expo Maurizio Martina hanno annunciato che:

1) è stato avviato il processo di valutazione dello ‘Human Technopole’;

2) il Miur, «nel suo ruolo di coordinatore degli attori coinvolti, ha inviato la proposta progettuale ad un panel di valutatori internazionali di altissimo profilo»;

3) il panel è composto da «soggetti indipendenti» chiamati a dare «un giudizio sul piano di lavoro, comprensivo di tutte le prescrizioni utili per la finalizzazione del programma, secondo quanto previsto dai miglioristandard internazionali»;

4) la valutazione si concluderà entro la seconda metà di aprile;

5) al termine della valutazione «il Governo definirà il livello d’investimento e le modalità operative della gestione del progetto esecutivo, attraverso provvedimenti che saranno vagliati dal Parlamento»;

impegna il Governo:

a) a render note le procedure di selezione del «panel di valutatori internazionali di altissimo profilo» che stanno valutando il progetto proposto da IIT e quale tipo di valutazioni sia stato loro richiesto;

b) a precisare in cosa consista il ruolo di «coordinatore degli attori coinvolti» svolto dal Miur nel progetto Human Technopole e come tale coordinamento sia stato esercitato fino ad oggi e quale destinazione concreta avranno gli 80 milioni di euro attribuiti come «primo contributo» per l’anno 2015 all’Istituto Italiano di Tecnologia con il decreto-legge n. 185 del 25 novembre 2015;

c) a illustrare le ragioni che hanno portato il Governo a richiedere espressamente al IIT un progetto di ricerca con contestuale erogazione diretta di 80 milioni a un ente sprovvisto delle competenze specifiche nelle materie e i contenuti di scienze della vita e nutrizione oggetto del progetto stesso;

d) a ripensare le strategie per la realizzazione del progetto Human Technopole, adottando ogni atto necessario e opportuno, per esempio sulla falsariga del progetto The brain initiative promosso dal Governo statunitense, ma anche di operazioni analoghe che hanno portato negli ultimi decenni alla realizzazione di large scale facilities for science, dette anche large scale research infrastructures in numerosi paesi sviluppati. Al fine di realizzare un percorso trasparente e «scientificamente» partecipato di tutta l’articolazione del progetto Human Technopole, di affidare agli Enti di Ricerca italiani aventi come missione statutaria la ricerca e la formazione in ambito scientifico (CNR, università, centri di ricerca) e competenti sui temi inerenti a Human Technopole, l’organizzazione di conferenze internazionali ristrette e rapide alle quali invitare scienziati, tecnologi ed economisti della ricerca italiani e internazionali, esperti nei settori che il Governo ritiene di voler promuovere, cioè scienze biomediche e della nutrizione. Da tali conferenze dovrebbero emergere gli obiettivi strategici di alto profilo acquisiti dal Governo a cui far seguire una conferenza pubblica durante la quale il Governo incarica gli enti di gestire un bando pubblico per sviluppare in un progetto le idee guida e proporre le forme organizzative più appropriate per il conseguimento degli obiettivi, affidando a una commissione internazionale la scelta delle migliori proposte. Solo a seguito del progetto così individuato, il Governo promuoverà i bandi per identificare gli enti coinvolti e i coordinatori delle linee di ricerca e per finanziare (sempre con modalità competitive) gli allestimenti dei laboratori e i progetti specifici volti al conseguimento di obiettivi conoscitivi e prodotti tecnologici innovativi, tali da rilanciare davvero la ricerca e l’economia del Paese nella dimensione mondiale della scienza e dell’economia della conoscenza.

CATTANEO (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signor Presidente, gentile rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, intervengo sul disegno di legge n. 2299, inteso a migliorare la funzionalità del sistema scolastico e della ricerca, che con l’articolo 2 stabilizza e riconosce la Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute.

Questo disegno di legge tratta della programmazione e della funzionalità della ricerca e in questa discussione generale vorrei perciò soffermarmi sull’improvvisazione della vicenda dello Human Tecnopole, su cui ho presentato un apposito ordine del giorno, il G2.1. Vicenda che è stata oggetto anche delle riflessioni di alcuni senatori, in 7a Commissione e anche in Aula stamattina, e tra loro voglio ricordare i senatori Tocci e Bocchino. Tale vicenda è esemplare delle criticità delle procedure che governano la ricerca in Italia e della possibilità – se lo volessimo e ci impegnassimo a farlo – di muovere passi da gigante proprio per migliorare la funzionalità del delicato ecosistema della ricerca pubblica di cui si parla nel disegno di legge.

Per parlare del Tecnopolo, vorrei prima partire dal vincolo etico che lega ogni studioso di ogni disciplina ai cittadini che con le loro tasse sostengono quegli studi, vincolo che implica per lo studioso l’impegno a essere onesto, cioè a riportare e rispettare le prove, ad essere trasparente e a mettere in atto ogni comportamento affinché ogni idea razionale possa essere liberamente messa a confronto con ogni altra, nel pieno diritto ad essere valutata. È attraverso questo meccanismo, che implica libertà e uguaglianza delle idee per l’accesso alle risorse pubbliche su base competitiva, che si restituirà al cittadino la miglior proposta sostenibile con i fondi pubblici. Di scorciatoie non ne esistono. È un metodo questo che nulla ha a che fare con le necessità e con le contingenze o convenienze politiche, ma che orienta ogni decisione e valutazione sulla selezione delle idee migliori e sul controllo dei fatti. Adottare queste regole significa rispettare la struttura etica della scienza e rispettare l’impegno verso i cittadini. Questo è quel che si chiede alle comunità scientifiche nei Paesi liberi, democratici ed economicamente avanzati.

La stessa richiesta rivolgo a noi, come decisori politici, e al Governo. La mia richiesta è che si tuteli lo spazio di libertà delle idee di tutti, dei giovani e dei meno giovani, piccole o grandi che siano, messe in competizione tra loro, perché le idee più belle possano tradursi in un miglior futuro per tutti.

Nel nostro Paese abbiamo molti problemi irrisolti sul fronte ricerca. Il finanziamento pubblico alla ricerca e ancora di più alla ricerca di base, che studia in piena dignità per capire e consegnare conoscenza a tutti noi, è irrisorio, discontinuo, frammentato, spesso inaffidabile. Succede anche che gli stessi obiettivi di ricerca siano distribuiti su più erogatori pubblici. Succede che ai bandi Prin del MIUR non possono accedere direttamente gli studiosi del CNR e che ai bandi del Ministero della salute non possono applicare gli studiosi universitari: i bandi del CNR sono per il solo CNR e così via e spesso gli obiettivi sono gli stessi. Dovremmo rimuovere questa frammentazione, unificare gli obiettivi e avere, al contempo, una garanzia di valutazione di ciò che viene finanziato con soldi pubblici.

Ammetto che non riesco più ad ascoltare giovani e meno giovani dirmi che se non si è parte del potentato amicale giusto – intendo di scienziati e studiosi – non si avrà il finanziamento pubblico; che se si denunciano le anomalie si verrà esclusi per gli anni a venire; che se si tace, si avrà una piccola parte, garantendola più cospicua ad altri. È anche da queste modalità corruttive del metodo della scienza, oltre che dell’etica pubblica, che gli studiosi scappano. C’è un modo per superare queste distorsioni. Basterebbe guardare ai Paesi che ci stanno accanto e dar vita a un’Agenzia nazionale per la ricerca, mutuando i modelli già esistenti in Spagna, Francia, e, con sistemi più complessi ed efficaci, in Germania e Gran Bretagna, adattandoli alle peculiarità dell’Italia.

Gentili colleghi, la ricerca pubblica in tutte le discipline del sapere ha bisogno di cinque componenti: continuità dei bandi presso i quali competere, perché un’idea che cresce non funziona ad intermittenza; procedure affidabili e granitiche, unificate nel metodo e diversificate in funzione degli obiettivi; valutazioni terze, indipendenti, competenti; controlli ferrei ad ogni passaggio; rendiconti certi e verificabili su cosa viene finanziato e su cosa si è generato. L’Agenzia nazionale per la ricerca deve essere questo.

Progettare un simile ente potrebbe non comportare grosse spese per lo Stato. Si potrebbe pensare a reindirizzare finanze e risorse umane frammentate tra i vari enti governativi, per concentrare in un’unica struttura funzioni duplicate in diversi uffici. Inoltre, si potrebbero ridurre o sospendere per qualche anno i flussi dei finanziamenti pubblici a enti poco efficienti oppure a quelli che hanno già accumulato un tesoretto di denaro pubblico, ora accantonato.

L’Agenzia nazionale per la ricerca nascerebbe come distinta dalla politica, cui spetta la decisione degli obiettivi da perseguire e delle risorse da assegnare ma che non può scegliere discrezionalmente chi finanziare. Necessariamente, l’Agenzia per la ricerca deve essere ben distinta dalla comunità degli studiosi che poi eseguiranno le ricerche. Penso all’Agenzia come ad una casa di cristallo e come ad un passo in avanti per vederci ancora più chiaro circa le norme sulla gestione dei fondi pubblici in Italia in un settore dove i risultati sono ben monitorabili. Le sue funzioni devono includere l’allestimento di ogni sensibile procedura per garantire al cittadino che i suoi soldi siano ben spesi, ripristinando fiducia nelle istituzioni.

La costruzione di una simile agenzia nel nostro Paese si rende anche più urgente oggi, in vista della realizzazione del progetto Human Technopole, il polo tecnologico dedicato alle scienze della vita e alla nutrizione che il Governo ha annunciato di voler creare nell’area dell’Expo, impegnandosi a garantire 1,5 miliardi di euro in dieci anni. Un progetto nato in modo improvvisato come non avviene in nessun Paese, che l’Esecutivo ha affidato a un ente, l’Istituto italiano di tecnologia, scelto arbitrariamente come perno dell’operazione senza competizione pubblica, quindi operando scelte discrezionali contro ogni logica di massimizzazione dell’investimento pubblico e contro il metodo della scienza. Si tratta di un ente al quale, senza alcun bando pubblico, sono già stati destinati per legge 80 milioni di euro senza controllo e senza un fine chiaro.

Ecco che, nel tentativo di dare risposte agli interrogativi emersi dopo l’annuncio del Governo, ho condotto un’analisi, basandomi su dati pubblici e i cui primi risultati sono stati raccolti in un documento di studio di circa 50 pagine per il Parlamento e i cittadini che la scorsa settimana ho depositato qui in Assemblea, anche in vista dei prossimi passaggi parlamentari. Lascio a voi l’eventuale approfondimento di quel documento, ma vorrei qui riassumere quattro conclusioni a cui sono giunta e che dimostrano come la dinamica della vicenda Human Technopole sia paradigmatica di come la ricerca pubblica non debba essere promossa.

La prima conclusione si basa sulle esperienze storiche e sulle analisi politico-economiche, che dimostrano che è un errore stabilire per legge quale idea e progetto scientifico sostenere. Sul Tecnopolo milanese sono sbagliate le premesse, perché nella scienza, come nel settore degli appalti pubblici, ogni assegnazione di fondi pubblici non può prescindere da una competizione per sostenere le migliori proposte e i migliori enti proponenti.

Come seconda conclusione, nel documento si evidenzia come le stesse esperienze e analisi dimostrino che la concentrazione continuativa e non competitiva di denaro pubblico per la ricerca in poche mani sia inefficace.

In terzo luogo, chi riceve denaro pubblico deve rendicontare pubblicamente. L’assegnazione continuativa di ingenti somme di denaro pubblico a modelli organizzativi di centri di ricerca come l’Istituto Italiano di Tecnologia fondazione di diritto privato largamente finanziata con fondi statali, che si sottraggono alle rendicontazioni pubbliche e all’amministrazione trasparente, non rispetta l’obbligo etico di fornire prove adeguate della ricaduta dell’investimento e, a mio avviso, non è il modello di governance da implementare nel Tecnopolo milanese.

Infine, l’ente beneficiario scelto come coordinatore del Tecnopolo non ha le competenze specifiche negli ambiti indicati dal Governo come contenuti per il centro di ricerca, scienze della vita e nutrizione. Ciò ha portato l’ente a reclutare altrettanto arbitrariamente, quindi in modo discriminatorio, tematiche, enti e studiosi.

È su queste basi che ho presentato l’ordine del giorno che – mi rendo conto – in caso di apposizione della fiducia non potrà essere discusso, ma sul quale auspico comunque il Governo voglia esprimersi.

Vorrei invitare l’Esecutivo a ripensare le strategie per la realizzazione del progetto Human Technopole e, soprattutto, ad adottare ogni atto necessario e opportuno per realizzare un percorso trasparente e scientificamente e culturalmente partecipato e competitivo sull’esempio di esperienze all’estero, valide e di successo. Esistono esempi, su cui mi soffermo nel documento consegnato.

Credo che ripensare la strategia su Human Technopole e farlo a valle della realizzazione di un’Agenzia nazionale per la ricerca sarebbe davvero un cambio di passo e un segno dell’impegno del Governo a voler lavorare nell’ottica di una più completa e funzionale riforma del sistema di finanziamento della ricerca in Italia. (Applausi dai Gruppi Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE, PD e Misto).

*NAPOLITANO (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signor Presidente, in alcuni degli interventi che mi hanno preceduto – in modo particolare, nell’intervento di particolare impegno e autorevolezza della senatrice Cattaneo – sono state sollevate questioni di grande importanza relative alla politica della ricerca scientifica.

Si tratta di questioni di interesse vitale per il mondo stesso della ricerca, degli scienziati e dei ricercatori: un mondo in larga parte giovane, che ho molto ascoltato negli scorsi anni, e che è chiamato a svolgere un ruolo rilevantissimo per il futuro del nostro Paese, oltre che, in generale, per il futuro della scienza.

Naturalmente mi rendo ben conto che il provvedimento di cui stiamo discutendo tocca solo tangenzialmente questa materia, attraverso l’articolo citato anche dalla senatrice Cattaneo, e su cui si è soffermato il senatore Tocci, relativo alla stabilizzazione della Scuola di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute. Tuttavia, non è su ciò che desidero soffermarmi.

E capisco che, per le questioni specifiche e generali sollevate, ad esempio, dalla senatrice Cattaneo nel suo ordine del giorno, si possa dire che non è questa la sede più idonea per discuterne. Ma la verità, signor Presidente e signor rappresentante del Governo, è che non ci sono state altre sedi per informazioni e chiarimenti che avrebbero dovuto essere offerti al Parlamento.

Qui, oggi, in modo particolare, si tocca il problema del progetto Human Technopole, destinato a realizzarsi nell’area ex Expo. Si tratta di un progetto cui bisogna guardare positivamente, sapendo che può rappresentare qualcosa di serio e significativo per lo sviluppo ulteriore della ricerca, in modo particolare in quei campi che sono stati designati quasi come tema dell’Esposizione universale realizzatasi a Milano. Noi abbiamo avuto una decisione di Governo e un annuncio nello scorso novembre attraverso la presentazione di un decreto-legge, poi convertito in legge con votazione, credo, della fiducia in Parlamento o, almeno, al Senato; decreto con cui sono stati stanziati 80 milioni per la presentazione di un progetto per la struttura Human Technopole da realizzare in quella area da parte dell’Istituto italiano di tecnologia, sentite le tre università milanesi. Questo, dunque, è avvenuto lo scorso novembre. Poi è accaduto che, aprendosi la discussione fuori dal Parlamento (in Parlamento non se ne è mai potuto discutere), sono stati fatti molti rilievi polemici cui ha risposto lo stesso Istituto italiano di tecnologia con un suo comunicato ufficiale il 27 marzo scorso. In quel comunicato si dava notizia di aver già presentato ai Ministri competenti la proposta di progetto in data 25 febbraio. Oggi siamo a metà maggio o quasi e i seguiti di quella decisione-annuncio non sono mai stati chiariti. Non c’è stata alcuna informazione. In quello stesso comunicato che ho appena citato si dice che sarà consultato o che è in via di consultazione (e non sappiamo se ormai una consultazione c’è già stata ed è terminata, ma non se ne sa nulla) un panel internazionale, la cui composizione non è mai stata resa nota. Né tanto meno è stato reso noto se già sono state prodotte le osservazioni di questo panel internazionale. Poi

in quel comunicato dell’IIT si dice tranquillamente che spetterà al Governo decidere con il Parlamento, innanzitutto se finanziare questo progetto. L’annuncio, quindi, fatto non solo per l’immediata erogazione di 80 milioni – un progetto piuttosto caro – ma anche per l’attribuzione di nientemeno che 1,5 miliardi nel corso di dieci anni; evidentemente era vago se l’Istituto italiano di tecnologia, protagonista di questa vicenda, dice che spetterà al Governo decidere “se finanziare questo progetto, quanto finanziarlo e, infine, in che modo gestirlo”.

Non ho bisogno di sottolineare come siano indispensabili e urgenti ormai delle risposte. Non ne vorremmo dopo che si siano determinati altri fatti compiuti. Servono risposte tempestive su tutti questi anelli mancanti della vicenda e tenendo conto delle questioni più generali, al di là di queste relativamente specifiche, pur essendo il progetto di per sé rilevante. Comunque, le questioni generali poste dalla senatrice Cattaneo e da altri colleghi riguardano la strutturazione, l’articolazione e la gestione della politica della ricerca scientifica, ovvero inerenti il metodo e la competenza, e insieme la trasparenza e la moralità. Per moralità si intende, oltre che principi etici a cui ispirarsi augurabilmente in questo e in ogni altro campo, garanzia dell’uso corretto e produttivo – e naturalmente verificabile – delle risorse pubbliche che vengono destinate alla ricerca scientifica, seguendo procedure che non sono da inventare, ma da mutuare largamente da esperienze internazionali note a quanti si occupano dei problemi della ricerca scientifica.

Io credo che bisogna dare soddisfazione ai problemi posti dalla senatrice Cattaneo nel suo ordine del giorno, nonostante l’apposizione della questione di fiducia sulla conversione di questo decreto.

L’ordine del giorno non sarà votato, in quanto sarà posta la fiducia, ma io mi aspetto, onorevole rappresentante del Governo, che nella sua replica si dicano cose precise, si assumano degli impegni chiari, sia nel senso di fornire tutte le informazioni che sono mancate, sia di mostrare una disponibilità, che io non posso immaginare non vi sia da parte del Governo, a ripensare a decisioni frettolose che sono largamente discutibili sul piano del metodo e su quello degli interessi generali della ricerca scientifica e dunque del futuro del nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti del senatore Airola).

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