Didattica

Alessandra Albertini e Silvia Garagna – 19/05/2013

La Didattica

Da molti anni l’Italia ha rinunciato ad essere una società della conoscenza basata su un modello di sviluppo affidato alla ricerca. L’inevitabile conseguenza dell’incapacità di programmazione dovuta alla colpevole miopia della classe dirigente è il declino culturale ed economico nel quale versa il Paese. E’ urgente un’azione per cui la scienza e la cultura ritornino ad essere considerate i valori fondanti dello sviluppo della società. A questo fine, l’università deve responsabilmente riappropriarsi del suo ruolo trainante nella formazione dei giovani, garantendo loro quegli strumenti culturali attraverso i quali costruiranno non solo il proprio futuro, ma anche quello del Paese nel quale vivranno.

L’università di Pavia come intende affrontare questa sfida? Quali azioni intende adottare per rilanciare ed incentivare la ricerca e la didattica? E’ sufficiente adottare i modelli positivi delle migliori università straniere? Può l’università di Pavia sviluppare una propria originalità che la porti a diventare essa stessa un modello? Queste e molte altre sono le domande che collettivamente dobbiamo porci elaborando delle proposte concrete per contribuire alla rinascita dell’istituzione.

Lo sforzo che abbiamo tentato, e che riassumiamo nei punti qui sotto riportati, vuole andare nella direzione di apportare un piccolo contributo sul tema della didattica, certo non originale poiché ci rifacciamo in parte a modelli presenti in università straniere, ben consce della sua complessità e della necessità di un dialogo e confronto lungo ed approfondito. Siamo comunque consapevoli che il nostro ruolo di docenti non si esaurisce nella trasmissione di una conoscenza, ma prevede una condivisione di esperienze, di idee e di riconoscimento dei meriti.

Un primo obiettivo che l’università di Pavia deve porsi è attrarre studenti di eccellenza da tutt’Italia per l’alta qualità della didattica offerta, qualità basata sul riconoscimento nazionale ed internazionale. Per ritornare ad attrarre studenti da altre regioni come negli anni passati, vanno incentivate le politiche di propaganda extra-regione promosse dal COR. Agli studenti del penultimo anno delle superiori possono essere offerti degli stages estivi, così come già avviene per alcune lauree (Piano Lauree Scientifiche).
I migliori studenti devono essere motivati sulla base di test attitudinali che arricchiscano quelli, selettivi e non, imposti dalla legge, anche attuando valutazioni definite localmente che tengano conto della precedente carriera di studio (ad esempio le votazioni riportate nei due anni precedenti l’iscrizione all’università in cinque materie, di cui 3 predefinte in base al percorso di studio e 2 a scelta dello studente).
Un secondo obiettivo è attrarre un alto numero di studenti stranieri, tendenzialmente attorno ad un quarto dell’intera popolazione studentesca, come nelle migliori università straniere, anche attraverso l’offerta di borse di studio dedicate a studenti provenienti da Paesi con alta tradizione di istruzione secondaria.
Il richiamo di studenti stranieri passa, anche e non solo, attraverso l’offerta di corsi di laurea in lingua inglese, ma deve rimanere legato alla qualità della didattica. Quale che sia la lingua utilizzata il profilo deve essere alto per tutti i CdS. I corsi in lingua inglese non devono perciò essere diversi e potenzialmente più qualificati di quelli in italiano, come alcuni auspicano. Sarebbe un errore molto grave avere all’interno dell’università dei corsi di tipo A e di tipo B solo sulla base della lingua di insegnamento.
Per ottimizzare le risorse peculiari dell’Università di Pavia, allo scopo di attrarre studenti stranieri ed extraregione, gli obiettivi sopra indicati potranno essere raggiunti dall’azione concertata con i collegi storici e l’Edisu, dato che l’ospitalità offerta dalle residenze studentesche della nostra città dà possibilità straordinarie di arricchimento delle sensibilità, delle esigenze culturali e di socializzazione degli studenti. Non solo, i collegi costituiscono un supporto economico importante per i meno abbienti.
I recenti provvedimenti ministeriali impongono dei criteri di valutazione dei CdS che vanno colti nel loro valore positivo, applicati intelligentemente e criticamente ponendo l’università come interlocutore attivo nei confronti del ministero al fine di migliorarne gli obiettivi e le procedure di applicazione. A questo proposito obiettivi formativi chiari che garantiscano una solida formazione di base possono accompagnarsi ad una maggiore diversificazione tra i corsi di laurea. L’efficacia dei diversi percorsi passa anche attraverso un’armonizzazione dei contenuti degli insegnamenti. Per ogni insegnamento sarebbe auspicabile, oltre alle lezioni frontali, prevedere seminari specialistici e laboratori dedicati che aumentano l’efficacia didattica e la formazione dello studente.
E’ con ogni probabilità opportuna la riduzione dell’offerta formativa delle lauree di secondo livello ed anche, al loro interno, delle rigidità delle diversificazioni in curricula e percorsi vari, cercando però di contenere la perdita di libertà di scelta da parte dello studente (cosa non facile alla luce di 240 e DM 17).
Dovrà essere previsto un forte potenziamento del numero delle borse di dottorato di ricerca sia attraverso l’attribuzione di fondi da parte dell’ateneo sia da parte dei collegi e delle istituzioni di ricerca pavesi (CNR, INFM ecc). Fondi per attivare borse dovrebbero arrivare anche dalle realtà cittadine quali il comune, dalle fondazioni, dalle associazioni, dalle PMI lombarde, dai cittadini stessi, attraverso un’opera di sensibilizzazione ad investire.
Riteniamo che il dottorato debba mantenere la sua forte connotazione di formazione per la ricerca. In recenti incontri con i candidati rettore è emerso il rammarico che i nostri dottori di ricerca siano stati oggetti di rifiuto per un posto di lavoro da parte dell’industria, perché molto più adatti a fare ricerca. Si tratta di un rammarico che non riusciamo a condividere. Se l’università deve farsi carico di preparare i giovani al mondo del lavoro vorremmo che gli organi collegiali apprezzassero e propagandassero di più nel mondo industriale e professionale il PhD attraverso un chiaro sostegno ai progetti di Dottorato Executive. D’altra parte la preparazione al modo delle imprese avviene anche tramite altre vie, ad esempio attraverso l’istituzione di masters, strumento questo molto più duttile ed adattabile alle mutevoli esigenze del mondo del lavoro.
La qualità della didattica è ovviamente funzionale alla qualità del corpo docente. Vanno pertanto rivalutati i meccanismi di accesso dei giovani alla carriera docente, anche con strumenti di valutazione propri, regolamentati dalla nostra università, che compensino le eventuali deficienze del sistema di valutazione nazionale.
A fronte del gap generazionale che si è creato negli ultimi 20 anni, l’ università di Pavia non ha ancora programmato le strategie e le risorse economiche per il reclutamento delle fasce più giovani e non si e’ dotata di un regolamento aggiornato veramente utile alla selezione dei medesimi.
A questo scopo pensiamo che una parte consistente del budget di ateneo, rivalutabile di anno in anno alla luce degli strumenti interni di valutazione, sia riassegnata e dedicata alle figure accademiche più giovani (fascia dai 28 ai 39 anni, attuali Post-Doc già in Italia o all’estero) per posizioni di RTD.
Un forte investimento deve essere fatto nel reclutamento di giovani ricercatori (RTD junior o A e senior o B), i quali, per quanto il loro coinvolgimento sulla didattica sia, in base alla 240, limitato, sono una forza docente imprescindibile su cui contare.
Non solo, per le posizioni di RTD A istituite su fondi di ateneo, la programmazione finanziaria dedicata alla Ricerca deve fare ogni sforzo per assegnare una quota di ” finanziamento di ricerca dei giovani” in modo da garantire loro una dote per una parte dei 3 anni (oltre alle possibilità offerte dal FIRB o altri finanziamenti privati e non).

A questo proposito va ricordato, da un lato, che il DM 49 impone un rapporto 1:1 tra posti di PO e posti di RTD senior, dall’altro che a livello locale va attuata una significativa programmazione di posizioni di RTD junior, che non siano solo quelle derivanti da convenzioni esterne.
Per garantire sin dall’inizio la qualità del futuro corpo docente va marcata, a livello di regolamento degli RTD, la differenza tra il tipo A, junior, ed il tipo B, senior.
Le procedure concorsuali per l’ammissione al tipo B devono tenere conto di parametri molto più selettivi della qualità scientifica (ad es. parametri ERC….) e/o di pre-requisiti stringenti (abilitazione gia’ acquisita). D’altra parte non vi deve essere alcun automatismo di passaggio tra tipo A e B: ad esempio per la valutazione locale per la tenure del B deve essere dimostrata che l’aderenza a questi requisiti e parametri sia stata mantenuta per tutto il triennio.

Quanto agli attuali ricercatori a tempo indeterminato: è verosimile che non tutti superino rapidamente le abilitazioni, qualcuno, per i motivi più vari potrebbe non superarle mai. Sono comunque forza docente preziosa: bisogna trovare risorse finanziarie consistenti ed incentivanti che compensino dignitosamente e non solo “pro forma” il loro impegno didattico qualora perduri la necessità di dovervi fare ricorso.

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